Veronica Raimo, Eines Tages alles dir. Köln: Launenweber, 2017
ISBN 978-3-9817920-4-1, pp. 156, Euro 20,00

· Francesca Faccini ·


PID: http://hdl.handle.net/21.11108/0000-0007-CA9E-4

Sei donne abitano gli altrettanti racconti presenti nella raccolta Eines Tages alles dir, sei figure che tessono le maglie della narrazione intorno a dei temi costantemente pre­senti: il sesso e la definizione della propria identità. Il corpo, inteso come oggetto sessu­alizzato, appare essere lo strumento attraverso il quale le protagoniste di Veronica Raimo definiscono la propria realtà e rivendicano una parte attiva nella propria esisten­za, schema di cui ognuna di loro conosce il pericolo: «Zuerst kommt die Entdeckung der Sexualität und gleich darauf die der Gönnerhaftigkeit.»1 Se a prima vista nel gioco dei ruoli, teatrino al quale si assiste anche nella vita reale non solo in quella narrati­va, queste donne potrebbero sembrare inclini alla sottomissione piuttosto che all’auto­nomia, leggendo il libro con uno sguardo libero da ogni filtro perbenista si scopre che quella che viene scambiata per condiscendenza è accettazione della propria fallibilità. Ecco allora che il sesso – quello fedifrago, quello assistenzialista, quello soggiogante – diventa campo di conoscenza personale, di scontro tra pulsione e razionalità, un’attività che permette di interpretare l’ambiente circostante senza mai sfiorare una visione ma­nichea. Pur sviluppandosi intorno a dei cliché – il maestro che seduce la sua allieva pro­messa della danza, relazioni condite da tradimenti, doppie vite – i racconti di Raimo infrangono il disegno che quegli stessi luoghi comuni vorrebbero e presentano dinami­che che sfuggono dal codice binario del giusto e sbagliato. La grande forza di queste storie è, infatti, quella di riuscire a scardinare norme e ruoli a tal punto che l’infrangere delle presunte regole comportamentali dettate dal buon senso non determina alcuna reazione di contrarietà in chi legge. Lo sgomento che si prova osservando Irene, la pro­tagonista di Pure Bewegung, andare a letto con il figlio adolescente del suo ex amante o lo sconcerto determinato dalla scelta della scrittrice di Der Auftrag – a mio avviso il racconto maggiormente riuscito – di fare sesso con il vicino ritardato certa che quell’esperienza le avrebbe permesso di terminare il romanzo non sono giudicanti, per­ché queste decisioni appaiono essere coerenti alle protagoniste. Le donne di Raimo rivendicano, difatti, la libertà di essere irresponsabili e lo fanno senza peccare di arro­ganza, indifferenza o superficialità, ma manifestando la consapevolezza che la cono­scenza e la definizione di sé passa attraverso azioni spesso inspiegabili:

Wenn ich wenigstens verstanden hätte, warum ich das tat. Aber ich konnte nicht mehr zwischen persönlichem Ehrgeiz, Aberglauben und Pietät unterscheiden. Seit Monaten konnte ich diese drei Dinge nicht mehr auseinanderhalten. Ständig war da dieses ambivalente Gefühl.2

È questa onestà che permette di assistere al corso delle loro vite senza sentenziare; è questa lealtà che rivela come le protagoniste di tutti e sei i racconti siano le prime giudi­ci di loro stesse, giudici che però non solo ammettono la possibilità di sbagliare, ma individuano nell’errore un elemento fondamentale dell’organicità dell’esistenza. Un at­teggiamento di comprensione che è rivolto a tutte le figure che compaiono nei racconti: quando la protagonista di Das Beben scopre il tradimento del padre, ciò che l’adira non è l’infedeltà, ma la banalità della relazione paterna

Ich war nicht wütend, dass mein Vater meine Mutter betrog, ich war einfach nur enttäuscht von sei­ner Wahl. Weniger von der Banalität, dass ein Chef seine Sekretärin fickt, als vielmehr von Rosas Banalität, von ihrer primitiven, gekünstelten Art, über die Liebe zu schreiben, von diesem Schulauf­satz.3

L’empatia con le vicende narrate è dunque determinata dalla capacità di Raimo di pre­sentare le protagoniste in modo diretto e sfacciato, dove con quest’ultimo termine intendo generosità e sincerità nel raccontare. Non sempre questo procedimento ottiene la stessa riuscita, ma in Der Auftrag, in Eines Tages alle dir, racconto da cui prende il nome la raccolta, e in Das Beben sono sufficienti poche righe per entrare nel mondo delle donne in questione. Queste sono anche le storie che esprimono maggiormente lo ‹spirito del luogo e del tempo›; i confini entro cui si muovono ricalcano una realtà italiana reale: gli ambienti, gli oggetti, i gesti, le espressioni sono riconoscibili e ciò assi­cura un’identità alla narrazione. La romanità che pervade le pagine attribuisce un regionalismo che impreziosisce i racconti di autenticità e ciò fa sì che le storie non siano riproducibili. Forse allora è proprio per la mancanza di localismo che Pure Bewegung è, a mio avviso, il racconto meno efficace. Anche quando la scena si sposta dall’Italia a Berlino, non si assiste a un cambio di ambientazione perché tutto è cristallizzato in uno spazio anonimo. Tale asetticità è presente pure nei luoghi chiusi: lo spogliatoio del teatro così come la casa di Rudi e la stanza di Vedar si palesano nella mente attraverso elementi pescati dall’immaginario comune. In questo modo la descrizione dei rapporti sessuali tra Irene, la protagonista, e Rudi, il maestro di danza fedifrago, e quello tra Irene e Vedar, il figlio di Rudi, è immateriale: le scene e le sensazioni descritte sono pri­ve di corporalità, così come lo spazio manca del già citato spirito del luogo.

Pure Bewegung è il primo racconto in ordine cronologico tra quelli presenti nella raccolta, la cui lettura permette di assistere anche alla maturazione della scrittura di Raimo. Eines Tages alles dir, uscito direttamente in traduzione tedesca nel 2017, con­tiene infatti sei racconti redatti a partire dal 2008 e disposti nel libro secondo l’ordine di scrittura e pubblicazione. A parte gli ultimi due – Totò e Das Beben – gli altri raccon­ti sono comparsi in precedenza in antologie e riviste italiane. Sebbene lo stile di Raimo sia sempre nitido, diretto, privo di retorica e artifici narrativi, è possibile notare come in questo decennio la scrittrice sia riuscita a potenziare la sua capacità di catapultare il lettore nel centro della vicenda. Entrando in medias res nelle storie, Raimo ci permette di riorganizzare lo spazio, ci obbliga a guardare, ascoltare, partecipare alle vicende e tale adesione avviene anche quando quello che si legge più che un racconto sono delle riflessioni alla soglia della maturità:

Wenn man auch in ihrem Fall von Dilemma sprechen möchte, sieht es wie folgt aus: Sie hat jetzt ein Alter erreicht, in dem sie genauso gut zu einer Party mit Zwanzigjährigen gehen kann wie zu einem Abendessen mit Fünfzigjährigen. Das ist Neuland. In beiden Fällen fühlt sie sich deplatziert, obwohl sie bei objektiver Betrachtung weiß, dass sie es nicht ist, was sie noch mehr in die Krise stürzt. Aber man muss unterscheiden: Die erste Form der Krise ist ein melancholisches Gefühl der Entfrem­dung, die zweite ist reines Unbehagen. In keinem der Fälle ist so etwas wie Romantik im Spiel, auch nicht in ihrer verzweifeltsten oder pathetischsten Form. Verführung kommt ihr mittlerweile wie eine kollektive Macke vor, die einfach nur noch platt ist. Sie ziert sich nicht mehr, wenn ihr ein Taxi gerufen wird, auch nicht, wenn man ihr eine Pille zum Einschmeißen anbietet. Entweder nimmt sie an oder sie lehnt ab, aber sie druckst nicht mehr herum wie früher. Sie weiß nicht, ob sie nicht auch dem nachtrauern soll, es hatte ihr zum Teil gefallen. Das ist mein wahres Ich, hatte sie einmal geschrieben. Wobei sie dem Mythos des Authentischen ganz und gar nicht nachtrauert.4

  1. Veronica Raimo: «Eines Tages alles dir», in: Eines Tages alles dir. Köln: Launenweber 2017, p. 91.
  2. «Der Auftrag», in: Eines Tages alles dir, p. 69.
  3. «Das Beben», in: Eines Tages alles dir, pp. 150–151.
  4. «Eines Tages alles dir», in Eines Tages alles dir, p. 99.