Marco Santagata, L’amoroso pensiero. Petrarca e il romanzo di Laura. Milano: Mondadori 2014
ISBN 978-88-04-64647-1, pp. 227, Euro 18,00

· Patrizia Farinelli ·


PID: http://hdl.handle.net/21.11108/0000-0002-44A6-6

È difficile credere che il titolo di quest’ultimo lavoro di Santagata sui RVF non sia dettato dal tentativo di adescare quei lettori che forse, senza l’aspettativa di sentirsi raccontare di un libro dalla trama romanzesca, più difficilmente si accosterebbero al Canzoniere. La breve didascalia sul retro di copertina – «La storia segreta del libro che ci ha insegnato a parlare d’amore» – non fa poi che rafforzare il sospetto di un’intenzione editoriale orientata a raggiungere un più ampio pubblico. L’autore è uno dei più competenti studiosi di Petrarca e la storia di quel libro di rime amorose, anche grazie alle sue ricerche, non è più tanto segreta. Se un esperto come lui si presta dunque a una simile operazione, verosimilmente lo fa perché crede nella necessità che si parli dei capolavori della letteratura anche in modo non accademico. Posto che il fine sia tale, ben venga l’iniziativa di presentare in modo informativo e accattivante i RVF.

Santagata ritorna dunque sul Canzoniere petrarchesco riorganizzando in un discorso divulgativo ma mai semplificante e banale i risultati di alcuni suoi studi, di cui vanno ricordati almeno: Dal sonetto al Canzoniere. Ricerche sulla preistoria e la costituzione di un genere (Padova: Liviana 1979), I frammenti dell’anima. Storia e racconto nel Canzoniere di Petrarca (Bologna: Il Mulino 1992) nonché l’edizione del testo commentata a sua cura per la collana «I Meridiani» Mondadori 1996. Vi adotta una scrittura libera o quasi da note, da rimandi a studi critici, da digressioni su questioni specialistiche e invita il lettore a seguirlo nei problemi principali che il testo pone, avviando spesso il discorso a partire da domande dirette, quasi per prevenire quelle ipotetiche dei lettori. Ne esce un lavoro ricco d’informazioni sulla fenomenologia dell’amore cantato da Petrarca, ma anche sulla genesi dell’opera e sull’officina del poeta, ad esempio sulla sua attitudine a scrivere le poesie su foglietti sparsi, sottoponendo i testi a continua revisione.

Il lavoro si struttura in due parti, «Il primo Canzoniere» (capp. I–VI) e «L’ultimo Canzoniere» (capp. VII–IX), e presenta la raccolta petrarchesca secondo una doppia strategia tesa a illustrarne tanto i motivi fondanti quanto i principi che ne regolano l’architettura. Il discorso si srotola attraverso il riferimento alle liriche più significative per l’argomentazione affrontata, che sono citate via, via nell’ordine in cui si susseguono nel Canzoniere. Questo fa sì che ci si trovi fra le mani anche una sorta di antologia commentata comprendente grosso modo un quinto delle liriche della raccolta. L’apparato finale introduce, accanto alla Cronologia della vita e delle opere, un’oculata scelta di studi su Petrarca e sulla sua opera in volgare, mentre la Premessa situa brevemente quelle liriche nel loro tempo, rilevandone la portata di novità. «Desiderio – scrive a tal proposito Santagata con un’osservazione che avrebbe potuto essere pienamente condivisa da Adelia Noferi1 – è la parola chiave della poesia di Petrarca ed è […] la parola che ne spiega la persistente modernità.» (Ivi, p. 5). Alle pagine del Preambolo spetta invece la funzione di informare subito sul progetto che avrebbe condotto Petrarca a fare delle sue poesie sparse un’opera unitaria:

È una grande e rischiosa scommessa: fare delle nuge, delle bagatelle giovanili, i veri monumenti della sua produzione letteraria. Scommessa giocata sulla forma libro come simbolo della conquistata unità interiore dello scrivente e, nello stesso tempo, dell’ordine da lui finalmente conferito alla sua vita. (Ivi, p. 15).

Sempre nel Preambolo (anticipando quanto sarà detto in modo più esaustivo nei capitoli successivi) viene rilevato che la preoccupazione di Petrarca era di avvisare i lettori, col sonetto proemiale, che «[…] leggeranno un libro a tesi, un libro cioè che racconterà la storia d’amore dello scrivente allo scopo di mostrarne la dannosa vanità e che perciò si concluderà con un pentimento e una drastica condanna morale.» (Ivi, p. 11).

Il procedimento seguito da Santagata è di considerare i motivi sviluppati nelle liriche del Canzoniere o in alcuni cicli interni e di avanzare in parallelo alcune congetture sui principi che guidarono la costruzione dell’impianto architettonico del libro. A sostegno delle ipotesi poste egli introduce dei rimandi anche ad altre opere petrarchesche (al Secretum, ad alcune epistole e ai Trionfi), ma in primo luogo è alle stesse liriche che lascia ampio spazio, avendo l’attenzione di accludervi in nota pure la rispettiva parafrasi in prosa, e ciò in linea con la scelta di proporre uno studio di grande accessibilità. In questo caso evita del tutto d’inoltrarsi in un’analisi stilistica dei testi (e non se ne comprende bene la ragione poiché tale scelta tende a soffocare anche le occasioni per una riflessione estetica). Limita inoltre anche i riferimenti ai rapporti intertestuali rintracciabili nella raccolta, eccezion fatta per quelli con l’opera di Dante, considerato che la Vita nova e la stessa Commedia sarebbero state d’impulso a Petrarca per la linea interpretativa da lui impartita al Canzoniere, cioè quella di un rinsavimento spirituale e morale dopo l’alienante esperienza d’amore. Santagata preferisce soffermarsi, come si detto, sulla genesi della raccolta e sul tentativo del suo autore di riunire le rime dietro a un progetto coerente.

Ne va dunque ne L’amoroso pensiero soprattutto della storia del libro petrarchesco e del progetto ideologico sottostante, una storia che ha forse qualcosa da romanzo più della storia d’amore di Francesco per Laura, contrariamente a quanto il sottotitolo prescelto vorrebbe far credere. A parte il fatto che il Canzoniere consiste di un discorso lirico, la raccolta dei RVF, in quanto composta da «frammenti», è tendenzialmente basata sul principio della ripresa variata del discorso e non lascia troppo spazio allo sviluppo di un intreccio anche se prevede certamente un filo narrativo nella sua prima parte, aspetto che Santagata mette in particolare risalto collegandolo a quel progetto biografico di rinsavimento morale con cui Petrarca presenta la raccolta. Al contrario, la storia che concerne la forma del Canzoniere ha avuto una sua dinamica, delle svolte, e si conclude con la ripresa consapevole, da parte dell’autore, del progetto iniziale. La tesi principale difesa nel lavoro di cui stiamo parlando è infatti che la delineazione del progetto teso a unificare il discorso del Canzoniere sia ben visibile fin dalla prima raccolta (comprendente 177 testi e risalente agli anni 1349–50 ma resa pubblica solo nel 1358 quando Petrarca ne regalò una copia all’amico Azzo di Correggio) e che però tale delineazione s’incrini nel corso degli anni soprattutto per l’innesto di un nuovo motivo e venga infine recuperata pienamente nella versione definitiva, dove appare una revisione dell’ordine dell’ultimo blocco di 31 liriche, effettuato da Petrarca nella primavera del 1374. Nel mezzo, a creare una sorta di sconnessione progettuale, che è ancora visibile nella redazione rappresentata dal codice Vaticano latino 3195 del 1373 (comprendente già le 366 liriche che ci sono note), avrebbe agito soprattutto il perdersi della traccia biografica e l’introduzione di liriche in cui Laura morta è celebrata (si confronti ad esempio RVF 285) come figura pietosa, agente in funzione guida su colui che l’ha amata – un motivo, questo, che cozzava con la tesi dell’amore come errore.

La redazione vaticana rinuncia a costruire un libro a tesi come era il primo Canzoniere con ciò rinuncia alla narratività. Con questo termine intendo un andamento progressivo dato dalla presenza di segnali spazio-temporali e da un coerente itinerario ideologico e psicologico. In questo ultimo libro, perché tale doveva considerarlo Petrarca mentre lo ordinava, le coordinate spazio-tempo si attenuano fino a perdere ogni funzione. (Ivi, p. 174–175)

Petrarca, conclude Santagata, non era ancora soddisfatto di quella soluzione se rimaneggia ancora una volta la raccolta nei suoi ultimi mesi di vita per darvi un ordine più coerente, capace di salvaguardare il progetto di matrice stoica e agostiniana di rinsavimento dal «giovanile errore».

La ricostruzione della storia del libro2 permette quindi al lettore di farsi un’idea del lavoro petrarchesco al Canzoniere come di un lavoro aperto, che pretese sempre nuova riflessione sul criterio interno di collegamento. Siamo informati in altre parole sull’esistenza di un conflitto vissuto dal poeta fra le deviazioni che la scrittura sempre (e, potremmo dire, fortunatamente) comporta rispetto alle intenzioni iniziali e il tentativo di salvaguardarne la coerenza.

Ma ancora un altro aspetto del lavoro meriterebbe essere rilevato. Nei primi capitoli del lavoro, Santagata fa notare spesso la presenza nel Canzoniere di riferimenti alla vita di Petrarca e di altri agganci realistici. «Sono questi agganci ‹realistici› a fornire credibilità alle allusioni a episodi che rientrano nella varia casistica delle vicende amorose in letteratura.» (Ivi, p. 61.) Il veicolare l’attenzione sui referenti extratestuali presenti nel discorso lirico petrarchesco (compresa l’esistenza storica di Laura) non rientra tuttavia nella strategia di coinvolgimento di quel lettore che va a cercare la realtà della vicenda, quanto nel tentativo di mostrare che l’intenzione di Petrarca era appunto di dare al libro di rime in volgare una chiave biografica di lettura. Viene sottolineato infatti che quei riferimenti vanno letti nei termini richiesti dal codice del discorso poetico e questo invito ritorna non da ultimo nella pagina conclusiva del lavoro, che può essere presa come una valida lezione di lettura del testo letterario. La «soluzione penitenziale» impartita da Petrarca alla raccolta e salvata anche nel definitivo ordinamento – osserva – non vieta al poeta, nell’ultimo dei Trionfi (Triumphus Eternitatis), risalente allo stesso periodo della definitiva revisione del Canzoniere, di esaltare la figura di Laura:

La coincidenza cronologica di discorsi così contrastanti mostra che non dobbiamo appellarci alla biografia dell’autore, che altre sono le istanze che hanno guidato la sua penna. Era l’impostazione iniziale de Canzoniere a richiedere, diciamo pure, a imporre il pentimento finale e il ripudio di Laura. Era la letteratura, non la vita, a dettare legge. (Ivi, p. 200)

  1. Adelia Noferi «Il Canzoniere di Petrarca: scrittura del desiderio e desiderio della scrittura», in Eadem, Il gioco delle tracce. Studi su Dante, Petrarca, Bruno, il Neo-classicismo, Leopardi, l’Informale. Firenze: La Nuova Italia 1979, pp. 43–68.
  2. Tale storia è ripercorribile tra l’altro nel capitolo Le redazioni dell’edizione già menzionata: Francesco Petrarca, Canzoniere, ed. commentata a cura di M. Santagata. Milano: Mondadori (I Meridiani), ed. aggiornata 2004, pp. CCV–CCIX.