G. Berghaus (Hg.): Handbook of International Futurism
Berlin/Boston: De Gruyter 2018, pp. 964, Euro 169,95
ISBN 978-3-11-027347-2

· Sandra Milanko ·


PID: http://hdl.handle.net/21.11108/0000-0007-DA58-1

Se il centenario del Manifesto di fondazione del Futurismo si è rivelato una fruttuosa occasione per fare un rendiconto sullo stato degli studi di questo movimento artistico-letterario, segnandone un momento di rinascita tra centinaia di esibizioni e decine di convegni internazionali, anche dieci anni dopo le celebrazioni sembra opportuno tirare le somme rivolgendo lo sguardo sulle iniziative e sui progetti editoriali nati grazie anche a quest’ondata di interesse per il movimento futurista sia presso gli addetti ai lavori che presso il vasto pubblico di lettori e visitatori delle mostre. Uno dei progetti editoriali più prominenti degli ultimi anni è indubbiamente la rivista di respiro internazionale e multidisciplinare International Yearbook of Futurism Studies lanciata nel 2011 dalla casa editrice tedesca De Gruyter e dal curatore Günter Berghaus che conta ormai otto volumi, ma che era preceduta e in qualche modo preannunciata dalla pubblicazione degli atti del convegno International Futurism in Arts and Literature nel 2000 dallo stesso editore. Oltre ai numeri annuali della rivista, concepiti come una piattaforma aperta a discussioni tra gli studiosi del Futurismo a livello globale e alle ricerche originali che vertono sul rapporto tra il Futurismo di matrice strettamente italiana e quelli nati in altri paesi e altre culture, il progetto, sin dalla sua fase iniziale, prevedeva anche la pubblicazione di due manuali curati sempre dallo studioso tedesco; l’uno, dedicato alla bibliografia pluridecennale del Futurismo e l’altro, ad un’esposizione sommaria dei risultati più recenti degli studi sul Futurismo che oltrepassano confini geografici e artistico-espressivi. Se la pubblicazione del primo volume, International Futurism 1945–2015: A Bibliographic Handbook, è prevista per il 2020, quello secondo, Handbook of International Futurism, ha visto la luce di recente e merita qualche considerazione in più.

Come sostengono Günter Berghaus e Selena Daly nella loro «Prefazione», la tesi principale che unisce ben 55 articoli su quasi 1000 pagine è quella che in effetti ricollega questo volume ai numeri precedenti dello Yearbook e cioè che il Futurismo «was never a coherent national style but an artistic impulse that radiated from one culture to another and, in the process, gave rise to extraordinary complex and often contradictory forms of cross-fertilization» (p. XVIII). Che si potrebbe parlare non di un solo Futurismo di stretta provenienza italiana (sia esso di stampo marinettiano, lacerbiano, esoterico, tattilista e/o aeropittorico) o russa (di carattere cubofuturista, egofuturista, ecc.), ma di una miriade di futurismi e correnti artistiche affini, fu dimostrato dalla mostra Futurismo – Futurismi a Venezia nel 1986, la quale, secondo Berghaus, rappresenta una svolta nell’ambito degli studi sul Futurismo perché è da quel momento che l’attenzione dei critici inizia a spostarsi verso singoli gruppi di paesi mentre gli artisti, di solito confinati all’ambito storico-culturale del proprio paese, vengono inseriti in un contesto internazionale. In realtà, sin dai suoi inizi, il movimento futurista non fu concepito come una corrente esclusivamente letteraria né fu destinato solamente al pubblico italiano. Subito dopo la pubblicazione urbi et orbi del Manifesto di fondazione sul quotidiano francese Le Figaro, seguirono manifesti rivolti a singole nazioni, ma anche numerose reazioni suscitate in diversi paesi e continenti. Come notano anche gli autori della «Prefazione», Marinetti ne fu entusiasta e nel 1910, per documentare l’impatto che il movimento futurista ebbe nei primissimi mesi al livello mondiale, contemplò persino la pubblicazione di due volumi di recensioni e articoli dedicati al suo lancio. Oltre alla sua gestione delle notizie sul Futurismo attraverso volantini e articoli nei giornali e nelle riviste nazionali e internazionali, un altro modo di promozione a livello globale, del resto molto efficace, si era rivelata la mostra itinerante dell’arte futurista che, partendo da Parigi nel febbraio del 1912, fu ospitata in maggiori città europee e, attraverso i cataloghi, raggiunse anche paesi asiatici. Come testimoniano vari articoli di questo volume dedicati alla ricezione del Futurismo nei singoli paesi, la diramazione diretta, ma soprattutto indiretta delle notizie spesso filtrate sul Futurismo e delle ricezioni condizionate da singoli contesti storico-culturali hanno fatto sì che lo stesso concetto del Futurismo assumesse varie interpretazioni e attuazioni (spesso ibridizzate nel connubio con altri movimenti artistici locali e/o internazionali) che nemmeno l’abile manager come Marinetti non poté gestire a modo proprio, sebbene i tentativi non mancassero. I prefatori li evidenziano giustamente con una serie di testi, a partire dal manifesto marinettiano Le Futurisme mondial: Manifeste à Paris, che servivano a propagare il concetto del «Futurismo mondiale» che collocava il Futurismo «at the centre of a genealogy of avant-garde art» e considerava vari artisti «futuristi senza saperlo o futuristi dichiarati» (p. XIV). Riconoscendo, da una parte, l’impatto che il Futurismo ebbe sulle correnti artistiche successive in culture e paesi diversi come lo zenitismo, il creazionismo, il vorticismo, l’ultraismo, ecc., Berghaus e Daly sottolineano, insieme ai contributori del manuale, che «Marinetti’s heuristic model of centre/periphery, which is still widely adhered to even nowadays, is rather misleading as it ignores the originality and inventiveness of art and literature in other countries and on other continents.» (p. XVI)

Distinguendo, dunque, tra la funzione genitrice, omogenea e unidirezionale, del Futurismo dietro il concetto marinettiano di «Futurisme mondial» («Worldwide Futurism») e «il Futurismo internazionale» («International Futurism») ovvero l’impatto diversificato e multidirezionale che il Futurismo ebbe sull’avanguardia internazionale che oltrepassa confini nazionali ed oceani, il curatore inserisce il manuale e gli stessi Futurism Studies nella cosiddetta svolta transnazionale di ‹Avant-garde Studies› che vede nel modernismo e nelle avanguardie un fenomeno globale.
A sostegno delle premesse esposte nella «Prefazione», si propone la stessa struttura del volume, diviso in tre parti principali che trattano aspetti generali del Futurismo, il Futurismo attraverso arti figurative e applicate e la presenza del Futurismo in paesi e continenti diversi. Molti argomenti o certi aspetti delle tematiche incluse nel manuale sono stati già approfonditi nello Yearbook, i cui numeri furono dedicati anche a singoli gruppi geografici (il Futurismo nell’Europa centrale e orientale, il Futurismo iberico, il Futurismo nell’America Latina) o argomenti (le donne futuriste), ma a differenza della rivista, che si rivolge soprattutto agli studiosi del Futurismo offrendogli una piattaforma per lo scambio di ricerche originali e notizie bibliografiche e archivistiche, questo volume espone in modo informativo e riassuntivo i risultati delle ricerche più recenti rendendoli accessibili ad un ampio pubblico di lettori non necessariamente esperti della ricezione del Futurismo nel mondo o della sua presenza in diversi campi artistici. Pur assumendo uno stile divulgativo ma mai semplificante, questi articoli su 38 paesi e 14 campi artistici costituiscono un compendio utile anche perché ricchi di informazioni bibliografiche. Ciò è dovuto al fatto che una buona parte degli autori sono degli esperti affermati, alcuni dei quali avevano già contribuito ai numeri di International Yearbook of Futurism Studies. Sebbene il manuale si inserisca nella tendenza transnazionale all’interno degli studi sulle avanguardie, l’attenzione viene dedicata sia ai paesi dell’Europa occidentale già studiati ampiamente (come la Gran Bretagna, la Germania o la Francia) che ai paesi sudamericani e asiatici, spesso trascurati in questo campo di ricerca. Un’altra valida decisione del curatore è stata quella di focalizzarsi in modo più approfondito sul Futurismo in Italia e in Russia, distinguendoli anche nel trattare singoli argomenti come le donne futuriste, la moda o il teatro e riconoscendo così il loro ruolo di mediatore e ispiratore. La maggioranza degli articoli dedicati ai paesi tratta sia la letteratura che le arti figurative anche se non sempre nella stessa misura – a seconda del contesto storico-culturale del paese – ma in quei casi in cui il primato viene dato ad un solo campo artistico, il lettore viene informato sugli altri aspetti grazie al ricco apparato bibliografico. La comprensione della vasta risonanza del Futurismo internazionale viene facilitata anche dalla complementarità di certi argomenti e dai frequenti riferimenti incrociati: un limite semmai vi rappresentano variazioni inglesi di alcuni titoli dei manifesti o concetti tipici del Futurismo che andrebbero uniformati.

Infatti, leggendo fra le righe, vi si impongono – ed è questo un altro segnale della complessità dell’argomento e della ricchezza di questo manuale – altri temi e aspetti legati al Futurismo degni di ulteriore approfondimento come, per esempio, il ruolo delle traduzioni nella ricezione del Futurismo. C’è da aspettarsi, dunque, che la consultazione di Handbook of International Futurism contribuisca non solo alla divulgazione del Futurismo nel mondo tra studenti, studiosi di varie discipline (e da vari paesi visto che tutti i contributi sono stati scritti o tradotti in inglese) e altri lettori uniti dalla stessa curiosità intellettuale, ma anche all’ulteriore progresso della disciplina in quanto tale.