Katharina List: Pensiero, azione, parola. Ethik und Ästhetik bei Carlo Emilio Gadda. Frankfurt am Main: Klostermann 2017 (Analecta romanica; 88),
ISBN 978-3-465-04335-5, pp. 245, Euro 69,00

· Patrizia Farinelli ·


PID: http://hdl.handle.net/21.11108/0000-0007-CA99-9

Pubblicata presso una delle case editrici tedesche più autorevoli per la saggistica, la recente monografia di Katharina List verte su aspetti che sono il fulcro dell’opera gad­diana, vale a dire il nesso tra pensiero e azione e i ruoli svolti, in tale rapporto, dalla scrittura e più in generale dalla letteratura. Diciamo subito che si tratta di uno studio di gran consistenza per il quale sarebbe augurabile anche una versione italiana.

Seppur il lavoro trovi una pertinente collocazione in quella linea di studi contempo­ranei di approccio ai testi sul terreno di questioni etiche (ethical turn, per l’appunto, la formula chiave di un discorso letterario e/o critico, alternativo a interventi più stret­tamente incentrati su aspetti testuali e metatestuali), sarà da escludere che la scelta intrapresa dalla List sia motivabile come semplice adesione a una tendenza critica à la mode; resta giustificata, invece, in primo luogo dalla necessità di rispondere alla so­stanza della poetica gaddiana. Nei testi di questo autore, infatti, il rapporto tra etica e scrittura è ovunque presente, tanto in forma diretta che indiretta, al punto che ben difficilmente i suoi critici (indipendentemente dalla linea teorica seguita) possono esi­mersi dal riflettervi. Gadda investiva la scrittura di un compito conoscitivo ed euristico ed in tale senso vi vedeva un’azione etica. Da qui la sua volontà di un’estetica «empi­rica», come ci ricorda la List.

S’intrecciano dunque nel lavoro i due lati dell’opera gaddiana su cui da sempre i suoi giudici e lettori si confrontano: l’aspra polemica su forme di assenza di senso critico verso la realtà tutta, e la pratica di una scrittura non normativa, di strappo rispetto a un uso vuotamente retorico della parola. List mostra, a ragione, come quei due lati vada­no considerati in stretto rapporto.

Altro suo merito è di leggere Gadda con Gadda, ovvero di cercare i collegamenti interni a tale opus individuando la profonda coerenza di posizioni che scorre tra testi di genere vario, dai taccuini ai testi narrativi, agli scritti d’impostazione filosofica, autoriflessiva e più esplicitamente autobiografica dello scrittore. Il discorso affrontato spazia dunque tra le pagine della Meditazione milanese, i testi di riflessione estetica degli Scritti dispersi e de I viaggi e la morte, senza trascurare il Giornale di guerra e prigionia, le raccolte di racconti e dedicando particolare attenzione ai romanzi. In tale ricognizio­ne trova conferma una tesi già riconosciuta dai critici (in particolare da Roscioni) e su­bito esplicitata dalla List nell’«Introduzione», secondo cui l’opera di questo scrittore ruota attorno a un numero limitato di motivi ricorrenti (cfr. ivi, p. 11).

Restano ben presenti nel lavoro numerosi e aggiornati riferimenti alla produzione critica su Gadda. Riservandosi a tale confronto soprattutto lo spazio delle note, List se­gnala come siano stati specificamente elaborati da singoli studiosi gli aspetti che viene via, via affrontando, e però lascia che siano prima di tutto le dichiarazioni autoriali a dare guida e sostegno all’argomentazione. Da una tale prassi emerge allora una scelta metodologica orientata a evitare l’uso di griglie esterne di lettura, preferendo di rin­venire nella stessa opera gaddiana gli strumenti necessari alla sua comprensione; ed è, anche se non esplicitato nel discorso, un approccio particolarmente caro alla linea ermeneutica.

Nella sua struttura, questa monografia resta suddivisa in due parti, dal titolo rispet­tivo: «Pensiero, azione: Entwicklungen einer Handlungstheorie» (1; 1–5) e «Parola: eine ‹empirische Ästhetik› als Teil der Ethik» (2; 1–7). La prima parte si concentra sul rapporto tra pensare e agire in Gadda e sull’ideale, da questi perseguito, di una loro unità anche nella scrittura – quella unità che egli andava ricercando anche nelle opere altrui e che ritrovava ad esempio in Leopardi. Sono capitoli in cui si rileva quale com­pito Gadda assegnasse all’uomo e quale ruolo paradigmatico per l’azione morale vedes­se in Amleto come figura di chi, tra accettare una realtà non condivisa e rifiutarla, opta per il rifiuto. List fissa dunque le coordinate di quelli che, nell’opera gaddiana, emer­gono come criteri di un comportamento etico, compresa, come si diceva, la rinuncia ad agire se tale scelta corrisponde a un non adeguarsi a situazioni non condivise (cfr. ivi, p. 93). Non manca di sottolineare che anche il momento cognitivo resta concepito, nella riflessione di Gadda, come una forma di prassi. Si sofferma quindi in maniera più ampia su La cognizione del dolore (cap. 1.5) per mostrare come quei criteri vi trovino elaborazione narrativa e come ritornino in particolare nel protagonista quale figura di un uomo che, pur nel comportamento contraddittorio, si profila in termini di sogget­to morale. L’abulico Gonzalo è colui che decide di agire appunto in termini di rifiuto, il che comporta per lui conseguenze estreme e prima di tutto un isolamento dall’ambiente circostante. Nel concetto gaddiano d’uomo morale, orientato alla verità, si delinea quindi un’idea di conoscenza come dolore.

La seconda parte dello studio verte sui concetti gaddiani di lingua e di estetica. L’attenzione dell’autrice cade allora sulle riflessioni di Gadda in merito all’uso della pa­rola, oltre che sulla stessa pratica della parola e sul rapporto fra letteratura e realtà nella sua scrittura. Vi si propone quindi un’attenta analisi di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (cap. 2.6). Le considerazioni proposte in tali capitoli mirano nel loro complesso a mostrare come la scrittura sia sempre sostenuta in Gadda da un intento di smascheramento del falso e cada dunque sotto un agire etico. L’ultimo capitolo della seconda parte (cap. 2.7), dal titolo «Widersprüche als unerschöpflicher Motor des Schreibens», vale anche da conclusione per l’intera trattazione. Vi ritorna una delle tesi centrali del lavoro, e cioè che per Gadda la scrittura non può sottrarsi dal mirare alla verità, pur nella consapevolezza che la verità è multipla e sempre parziale, e che ogni giudizio sarà quindi sempre provvisorio.

Nel testo sono introdotte numerose citazioni gaddiane, ma questa prassi non appe­santisce per nulla il discorso; al contrario, permette di seguirne con più facilità lo sviluppo. Molto apprezzabile, poi, la scelta di riportare alcune citazioni in funzione di esergo all’inizio dei singoli capitoli. Letti isolatamente, quei passi rappresentano un florilegio della poetica di Gadda e di quella di autori che gli erano consoni. Qui, in con­clusione a queste righe, ne riportiamo solo uno, brevissimo, tratto dalla Meditazione milanese e posto dalla List in apertura alla seconda parte del suo lavoro. Recita: «Insi­sto su questo: l’espressione prende la mano al pensiero.» Sono parole che restitui­scono in sintesi tanto delle posizioni di Gadda. Leggibile a doppio senso, tale asserzione porta un attacco a una retorica non sostenuta dal pensiero e allo stesso tempo riconosce quanto l’espressione stessa agisca sul pensiero, ovvero lo configuri. Pertinentemente la List ci fa osservare (cap. 2.1) che, se lo scrittore riconosceva che Nomina sunt conse­quentia rerum, era anche pronto a rovesciare il rapporto fra la parola e il pensiero, fra la parola e lo stesso essere per sostenere appunto Res sunt consequentia nominum.