· Sarah Majocchi, con la collaborazione di Marco Bertoli ·
Non è facile, per chi viva e legga in Italia, dire quanto la selezione dei libri italiani o a proposito dell’Italia della Buchmesse sia rappresentativa del Paese: forse è cosa che si può meglio giudicare da fuori.
Viene poi da riflettere, più generalmente, sulla difficoltà dell’impresa: fornire a un pubblico di lettori stranieri, e sia pure lettori forti e bene informati come i tedeschi, un’immagine plausibile dell’attività letteraria di un Paese è già compito impegnativo, ma tanto più lo è in questo momento storico e in questa temperie politica, in cui la vita culturale italiana appare per tanti motivi in sofferenza: fra le prime vittime di questa circostanza è l’industria editoriale. Non è un caso che, nel parlare di un evento importante come la Buchmesse, occupino più spazio polemiche di vario genere che non i libri stessi, e ci riferiamo ovviamente all’esclusione di Roberto Saviano dal contingente «ufficiale» che ha portato autori di peso come Sandro Veronesi e Antonio Scurati a rinunciare alla partecipazione (ma figureranno tuttavia, ospiti dei loro editori tedeschi).
Data una scorsa all’elenco, e riservandoci rilievi più approfonditi in seguito, soprattutto a Buchmesse iniziata, queste sono le prime impressioni: buona e giusta l’idea di riproporre classici irrinunciabili e del resto sicuramente ben noti ai lettori tedeschi (coraggiosa e inaspettata la riproposizione di Grazia Deledda) e anche un classico recente quale Bufalino nonché autori di sicuro successo e possibile appeal internazionale come Scurati, Trevi, Murgia, Rea, Cognetti, Carofiglio, oltre all’inevitabile Camilleri e un interessante outsider come Enrico Palandri. Accanto a questi, parecchi scrittori giovani, alcuni emergenti, altri noti da tempo nel panorama delle lettere italiane, tra i quali ci fa piacere in particolar modo notare la presenza di Sacha Naspini; e anche, curiosamente, un buon numero di autori di notorietà modesta o scarsa in Italia.
Il grosso della rappresentanza italiana si trova ancora delegata a romanzi con temi considerati «tipici» del Bel Paese: saghe familiari, gialli o noir (una voga che non sembra esaurirsi), saghe ambientate al Sud, autofinzione, la famiglia, la terra, insomma, una ricerca forse un po’ facile di identità. Una sottocategoria particolare, affermatasi da ultimo, è la narrativa imperniata sulla malattia e sui suoi riflessi psicologici: per questo è sorprendente l’assenza del romanzo vincitore del Premio Strega 2023, Come d’aria di Ada d’Adamo.
È ragione di qualche rammarico l’esclusione di nomi rilevanti della generazione precedente quali Michele Mari, Walter Siti, Claudio Magris, Filippo Tuena, Cesare De Marchi, Remo Rapino per la narrativa; mentre per la poesia, al contrario, sorprende e lascia francamente perplessi la presenza di Davide Rondoni (e l’assenza, per esempio, di Valerio Magrelli e di Milo De Angelis).
Vogliamo segnala infine l’assenza di alcune voci nuove, originali e interessanti quali Graziano Gala, Veronica Galletta, Dario Voltolini, Marta Cai, Gian Marco Griffi: quest’ultimo, con 50.000 copie vendute di Ferrovie del Messico, è stato il caso letterario del 2023.