Horizonte Ausgabe 8 Titelkunst
Literarische Stimmen

Tra-Dire-Raccontando
Über-Setzen-Schreiben
Concorso Letterario / Literarischer Schreibwettbewerb 2023

Ilva Fabiani – Sabrina Maag – Birgit Ulmer – Ursula Reuter-Mayring

[deutsche Version]

Nel romanzo Seta di Alessandro Baricco un commerciante di bachi da seta, invaghito di una giovane straniera, riceve da lei un bigliettino. Tanto minuscolo da stare in una mano, il biglietto è tuttavia indecifrabile perché Hervé Joncour, questo il suo nome, non conosce il giapponese. Si reca così dall’unica persona nei paraggi che riesca a tradurlo, Madame Blanche. Dopo alcune ritrosie, la donna lo traduce laconicamente: «Tornate o morirò». Al momento di saldare il conto, la donna aggiunge: «Lasciate perdere. […] Non morirà e voi lo sapete», oltrepassando quella linea sottile che separa la traduzione letterale dalla traslazione di qualcosa di più profondo, di più complesso: un codice amoroso, che Hervé sembra non conoscere.

Madame Blanche è una delle figure più affascinanti del libro per due motivi. È l’unica che può tradurre dal giapponese al francese e viceversa, quindi è il necessario e volubile tramite fra i due mondi. In secondo luogo, però, la donna non è una traduttrice di professione, ma una prostituta, o, più esattamente, una maîtresse. In questa veste ambigua di traduttrice, prostituta, tramite fra due mondi, tra due codici amorosi, Madame Blanche incorpora tutta l’ambivalenza del tradurre-tradire, della fedeltà alla parola o quella al senso.

Per esplorare la potenza narrativa del tradurre all’interno di un’opera letteraria, nel febbraio 2023 abbiamo indetto un concorso letterario al quale potevano concorrere brevi racconti che avessero come protagonisti una traduttrice/un traduttore oppure che tematizzassero l’atto stesso del tradurre. Siamo state molto liete di ricevere numerosi racconti di alto livello letterario, li abbiamo letti tutti con attenzione – grazie infinite alle autrici e agli autori! Due in particolare (uno in italiano e uno in tedesco) si sono distinti per originalità e spessore e la giuria li ha decretati vincitori. In questo numero li presenteremo al pubblico di Horizonte, corredando i racconti con una breve nota biografica e con una traduzione nell’altra lingua.

Perché ci siamo decisi per questi due racconti?

In Madreterra degli animali di Melanie Rahimpour assistiamo a una lettura che deve essere tradotta nella lingua madre, perché il libro sembra essere per il protagonista una parabola di ciò che vorrebbe assolutamente lasciarsi alle spalle. Da anni lui rifiuta la sua lingua madre perché parlata proprio laddove le donne vengono tenute recluse, come animali. Melanie Rahimpour descrive un uomo che, dopo anni di rassegnazione in esilio, trae speranza dalla forza delle donne in rivolta. Il racconto ci parla di una traduzione, l’ultima. Dopo una vita passata a guardare altri che lottano per la libertà, il protagonista decide di sfidare il regime del suo paese e di tradurre una storia di violenza contro le donne. Il racconto riproduce magistralmente questa tensione, questa corsa verso la morte, e mostra come una semplice traduzione, lungi dall’essere un mero esercizio formale, possa diventare sotto dittatura un’arma di lotta che trasforma la traduttrice/ il traduttore in un impavido combattente che rischia fino all’ultimo la sua vita. Il testo di Melanie Rahimpour, sul piano formale, urgente come la situazione concreta dell’Iran, parla del potere della parola scritta, della libertà di dire e scrivere ciò che si pensa, e della speranza nel cambiamento che può risiedere nella traduzione di testi.

Mentre il racconto di Rahimpour ci mostra le venature sociali e politiche della traduzione che può diventare strumento di lotta contro il regime, nel testo di Dafne Graziano, Riemergere, l’atto del tradurre ci viene raccontato come un atto non solo intellettivo, ma fisico e metafisico: la comprensione è un’ immersione nel senso di parole altrui, un cambio di prospettiva, una maggiorazione di senso che avviene fuori e dentro di noi.

In Riemergere di Graziano si narra di un tuffarsi in un mare spesso in tempesta – e di un riemergere. Una traduttrice si fa strada tra le onde selvagge delle parole e delle frasi di un testo, attraverso le quali è necessario raggiungere le profondità del significato sottostante – un ‹andare a fondo› che precede un ‹conoscere dal basso verso l'alto› che ricorda a tratti Ingeborg Bachmann (Böhmen liegt am Meer). Per la traduttrice del racconto, il mare finalmente si calma e, nell’acqua di nuovo limpida, diventano visibili i tanti elementi che arricchiscono questo mare linguistico. Dafne Graziano trova una soluzione poetica per parlare dell’esperienza della traduzione: con coerenza ‹raffigura› l’immersione in qualcosa di sconosciuto e intangibile, forse anche spaventoso, che ci travolge e ci rende impotenti ogni volta che iniziamo; mostra la completa immersione che è necessaria per arrivare al significato e infine uscirne cambiati, arricchiti. Il suo testo può dirsi riuscito perché l’autrice sa usare i mezzi letterari con sicurezza e coerenza, a livello linguistico e stilistico, ed è in grado di rendere visibile il movimento tra le lingue rispettando allo stesso tempo i limiti prestabiliti della forma breve.

Comune a entrambi i testi è l’uso virtuoso del linguaggio nella sua potenza poetica. Questo potere è il filo conduttore che collega il livello narrativo con una riflessione metapoetica sul linguaggio e sulla traduzione. È sorprendente che entrambi i testi descrivano metaforicamente il potere del linguaggio attraverso esperienze sensuali. In Madreterra degli animali di Rahimpour si parla di un libro che da 30 anni attende di essere tradotto, ma l’impulso a tradurre, la decisione di intraprendere questo compito, è accompagnata da esperienze sensuali: il tè nero a colazione, l’odore del cardamomo, dell’acqua di rose e dello zafferano accompagnano il ricordo della patria e il richiamo crescente della lingua madre. Nel testo di Graziano, invece, la lingua stessa diventa un’esperienza sensuale, diventa l’acqua, il mare in cui il corpo è immerso. Tra i tanti punti di forza dei due testi, uno è senza dubbio proprio questa riconnessione della lingua ai sensi, in duplice modalità: descrivendo la lingua come sperimentabile sensualmente e mostrando allo stesso tempo come la lingua possa mettere in parole le esperienze sensuali e renderle così comunicabili. In entrambi i casi – quello di Rahimpour in senso politico, quello di Graziano in senso privato – il linguaggio e la comunicazione risultano chiaramente essere la base essenziale e anche esistenziale della vita umana: l’importanza della traduzione, che rende possibile la comunicazione in primo luogo, viene evidenziata in modo convincente e travolgente.

Der Protagonist in Alessandro Bariccos Roman Seide erliegt in Japan dem Zauber einer jungen Unbekannten und erhält von dieser eine kurze Nachricht. Diese – auf einem Stück Papier so klein, dass es in eine Hand passt – ist für Hervé Joncour, so der Name des Mannes, jedoch nicht zu dechiffrieren, da er des Japanischen nicht mächtig ist. So wendet er sich schließlich an die einzige Person der Gegend, die die Nachricht übersetzen kann, Madame Blanche. Nach anfänglicher Ablehnung übersetzt die Frau es, ohne eine Gefühlsregung dabei zu zeigen, mit: «Kommen Sie zurück oder ich sterbe.» Als Hervé sie für ihren Dienst bezahlen möchte, fügt sie hinzu: «Lassen Sie es gut sein! […] Sie wird nicht sterben und das wissen Sie.» Damit überschreitet sie jene feine Linie, die die wörtliche Übersetzung von der Übermittlung einer tieferliegenden, komplexeren Botschaft trennt: eines Liebescodex, den Hervé offenbar nicht kennt.

Madame Blanche ist aus zwei Gründen eine der faszinierendsten Figuren des Textes. Zum einen ist sie die einzige, die vom Japanischen ins Französische und umgekehrt übersetzen kann, und damit die notwendige, aber zugleich nicht objektive Vermittlerin zwischen den beiden Welten. Zum anderen ist sie aber keine professionelle Übersetzerin, sondern eine Prostituierte oder genau genommen eine Maîtresse. Madame Blanche verkörpert in dieser zweideutigen Gestalt als Übersetzerin, Prostituierte, Vermittlerin zwischen zwei Welten, zwei Liebescodices, also die Ambivalenz zwischen übersetzen und betrügen (im Italienischen klanglich ähnliche Verben: tradurre und tradire), zwischen Worttreue und Sinntreue.

Um der erzählerischen Macht des Übersetzens in der Literatur nachzuspüren, haben wir im Februar 2023 einen deutsch-italienischen Schreibwettbewerb ausgeschrieben, für den kurze Erzählungen eingereicht werden konnten, die als Protagonist:innen eine Übersetzerin oder einen Übersetzer haben oder das Übersetzen als solches thematisieren. Wir haben uns über die vielen und ambitionierten Texte, die uns erreicht haben, sehr gefreut und alle aufmerksam gelesen – vielen Dank an alle Autorinnen und Autoren! Die Jury hat nun zwei Erzählungen (eine italienische und eine deutsche) ausgewählt, die durch die literarische Bearbeitung des Themas überzeugt haben und die wir zusammen mit der Übersetzung in die jeweils andere Sprache und einer kleinen biografischen Notiz zur Autorin den Leserinnen und Lesern von Horizonte präsentieren.

Warum haben wir uns für diese beiden Texte entschieden?

In Mutterland der Tiere von Melanie Rahimpour werden wir Zeugen einer Lektüre, die nach Übersetzung in die Muttersprache verlangt, denn das Buch scheint seinem Leser wie eine Parabel auf das, was er unbedingt hinter sich lassen wollte. Seine Muttersprache verweigert er seit Langem, weil man(n) sie dort spricht, wo die Frauen wie «Tiere» gefangen gehalten werden. Melanie Rahimpour beschreibt, wie ein Mann nach Jahren der Resignation im Exil Hoffnung aus der Stärke der jetzt dort aufbegehrenden Frauen schöpft. Ihr Text erzählt uns von einer, der letzten, Übersetzung: Nachdem er viele Jahre sein Leben gelebt und von außen zugeschaut hat, wie andere für die Freiheit kämpfen, beschließt der Protagonist des Textes, das Regime seines «Mutterlandes» mit der Übersetzung einer Geschichte über Gewalt gegen Frauen herauszufordern. Virtuos wird im Text die Anspannung, der Wettlauf gegen den Tod spürbar gemacht; Leserinnen und Lesern wird klar, wie eine einfache Übersetzung, meilenweit entfernt davon lediglich eine formale Übung zu sein, in einer Diktatur zur Waffe werden kann und aus Übersetzerin und Übersetzer furchtlose Kämpfer macht, die am Ende ihr Leben riskieren. Melanie Rahimpours Text, in der Form so drängend wie die konkrete Situation im Iran, spricht über die Macht des geschriebenen Wortes, über die Freiheit, zu sagen und zu schreiben, was man denkt, und über die Hoffnung auf Veränderung, die im Übersetzen von Texten liegen kann.

Während uns der Text von Melanie Rahimpour soziale und politische Dimensionen des Übersetzens aufzeigt, nimmt im Text von Dafne Graziano, Riemergere, der Akt des Übersetzens, neben seinem Charakter als intellektueller Tätigkeit, physische und metaphysische ‹Gestalt› an: Verstehen ist Eintauchen in den Sinn von Worten anderer, ein Wechseln der Perspektive, ein Anreichern von Sinn, das sich in uns und um uns herum vollzieht.

In Grazianos Riemergere wird vom Eintauchen in ein oft stürmisch bewegtes Meer erzählt – und vom wieder Auftauchen. Eine Übersetzerin kämpft sich durch die wilde Brandung aus Wörtern und Sätzen eines Textes, durch die hindurch es bis in die Tiefe an den zugrunde liegenden Sinn zu gelangen gilt – ein ‹zu(-m) Grunde Gehen›, das einem ‹von Grund auf Wissen› vorausgeht, das an Ingeborg Bachmann (Böhmen liegt am Meer) erinnern kann. Für Grazianos Übersetzerin beruhigt sich schließlich das Meer und im nun wieder klaren Wasser werden die vielen Elemente sichtbar, die dieses Sprach-Meer bereichern. Dafne Graziano findet eine poetische Lösung, um von der Erfahrung des Übersetzens zu sprechen: Konsequent ‹bebildert› sie das Eintauchen in etwas Unbekanntes und nicht Greifbares, womöglich gar Beängstigendes, das einen zu Angang jedes Mal wieder überwältigt und hilflos macht; sie zeigt die vollkommene Immersion, die es braucht, um zum Sinn zu kommen und schließlich verändert, bereichert wieder aufzutauchen. Gelungen ist ihr Text, weil sie auf sprachlicher und stilistischer Ebene sicher und konsequent ihre literarischen Mittel einsetzt und es auch formal versteht, sowohl die Bewegung zwischen den Sprachen sichtbar zu machen als auch der vorgegebenen kurzen Form zu entsprechen.

Beiden Texten gemeinsam ist ein virtuoser Umgang mit Sprache in ihrer poetischen Kraft. Diese Kraft ist der rote Faden, der die Ebene der Erzählung mit einer metapoetischen Reflexion über die Sprache und das Übersetzen verbindet. Dabei fällt auf, dass beide Texte die Kraft der Sprache über sinnliche Erfahrungen metaphorisch beschreiben. In Rahimpours Mutterland der Tiere wird zwar von einem Buch gesprochen, das seit 30 Jahren auf Übersetzung wartet, doch der Impuls zu übersetzen, die Entscheidung, sich dieser Aufgabe zu stellen, wird begleitet von sinnlichen Erfahrungen: der schwarze Tee zum Frühstück, der Geruch von Kardamom, Rosenwasser und Safran begleiten die Rückerinnerung an die Heimat und den lauter werdenden Ruf der Muttersprache. In Grazianos Text hingegen wird die Sprache selbst zu einer sinnlichen Erfahrung, wird zum Wasser, zum Meer, in das der Körper eintaucht. Neben vielen anderen Stärken der beiden Texte ist es zweifelsohne genau diese Rückbindung der Sprache an die Sinne in einem doppelten Sinn: indem sie Sprache als sinnlich erfahrbar beschreiben und zugleich zeigen, wie Sprache sinnliche Erfahrungen in Worte fassen kann und damit mitteilbar machen. In beiden Fällen – bei Rahimpour im politischen, bei Graziano im privaten – wird so Sprache und Kommunikation als eine essentielle und auch existentielle Grundlage des menschlichen Lebens begreifbar und die Bedeutung der Übersetzung, die Kommunikation erst ermöglicht, auf überzeugend-überwältigende Weise verdeutlicht.